La responsabilità del padre assente

Tribunale di Milano - Sez. X, 13-3-2017, n. 2938

La copertina del libro 'Il padre, l'assente inaccettabile' dello psicanalista Claudio Risé
La copertina del libro 'Il padre, l'assente inaccettabile' dello psicanalista Claudio Risé

Si viene al mondo senza essere preventivamente interpellati, non per scelta propria. La generazione comporta la assunzione di responsabilità, precisamente, la responsabilità genitoriale. Mettere al mondo figli e poi disinteressarsene è fonte di responsabilità patrimoniale per la violazione di un interesse di rango costituzionale. Quello del figlio ad ogni vicinanza, assistenza e cura di cui ha bisogno per crescere e divenire persona adulta. Nel rapporto genitoriale si realizza quella prima ed indefettibile forma di responsabilità e di solidarietà che sta alla base delle relazioni umane (Hans Jonas, 1979). La responsabilità genitoriale viene prima delle norme scritte, del diritto positivo. Lo 'statuto' di genitore implica naturalmente la doverosità delle condotte di assistenza ed accudimento dei figli, realizzando in natura il superamento della c.d. legge della fallacia naturalistica di David Hume. Così come natura e cultura, essere e dover essere, rapporto e regola, scaturiscono simultaneamente, e naturalmente, nel divieto dell'incesto, nel medesimo ambito naturale della famiglia e della sessualità familiare (Claude Levi Strauss, Le strutture elementari della parentela, 1949). Questo sta dietro l'accertamento del Giudice Unico della X Sezione del Tribunale di Milano, decisione contenente diversi ed interessanti passaggi, alla cui lettura si rinvia.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI MILANO

SEZIONE DECIMA

Il Tribunale, nella persona del giudice unico Dott. Adriana Cassano Cicuto ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. 29814/2015 R.G. promossa da: A.A. assistito e difeso dall'avv. D'E.DA. e dall'avv. elettivamente domiciliato in Indirizzo Telematico presso avv. D'E.DA. ATTRICE contro: GI.FR. CONVENUTO CONTUMACE

Oggetto: Responsabilità ex artt. 2049 - 2051 - 2052 c.c.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione ritualmente notificato la signora A.A. , in proprio e quale amministratrice di sostegno del figlio B.B., conveniva in giudizio innanzi il Tribunale di Milano il signor Gi.Fr. per ottenere, previo accertamento dell'inadempimento del convenuto agli obblighi di mantenimento del figlio naturale legalmente riconosciuto, la condanna del suddetto al rimborso delle spese sostenute dalla nascita del ragazzo al settembre 2012, nonché al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale patiti dal ragazzo a causa della totale assenza della figura paterna. Fissata udienza di prima comparizione nessuno si costituiva per il convenuto che veniva dichiarato contumace. Concessi i termini di cui all'art. 183 comma sesto e sentita liberamente l'attrice dal Giudice, la causa veniva istruita con l'ammissione di ctu medico - legale sulla persona del signor Da.Gi. all'esito della quale il Giudice, ritenuta la causa matura per la decisione, fissava udienza per la precisazione delle conclusioni all'1 febbraio 2017 ove tratteneva in decisione assegnando a parte attrice termine di legge per il deposito di conclusionale.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Le domande attrici vanno accolte nei limiti di seguito indicati. Va in primo luogo esaminata la domanda di ristoro del pregiudizio patrimoniale derivante dal mancato mantenimento del figlio Davide ad opera del convenuto dalla nascita del suddetto (20.2.1982) al settembre 2012 (data del primo versamento da parte del datore di lavoro del convenuto - Teatro alla Scala - della somma di Euro 250,00 in ottemperanza alla sentenza di condanna del Tribunale di Busto Arsizio). A tale proposito si rileva che l'obbligazione di mantenimento dei figli naturali - del tutto parificati a quelli legittimi - in quanto collegata allo status genitoriale, sorge con la nascita per il solo fatto di averli generati e persiste sino al conseguimento della loro indipendenza economica, con la conseguenza che nell'ipotesi in cui al momento della nascita, il figlio sia stato riconosciuto da uno solo dei genitori che abbia assunto l'onere esclusivo del mantenimento anche per la parte dell'altro genitore, egli ha diritto di regresso nei confronti dell'altro per la corrispondente quota, sulla base delle regole dettate dagli artt. 148 e 261 c.c. da interpretarsi alla luce del regime delle obbligazioni solidali ex art. 1299 c.c. Va altresì considerato che il rimborso delle spese sostenute dal genitore che ha provveduto al mantenimento del figlio fin dalla nascita, anche se trova la sua fonte nell'obbligazione legale di mantenimento imputabile anche all'altro genitore, ha natura latu sensu indennitaria in quanto diretta ad indennizzare il genitore che ha riconosciuto il figlio per gli esborsi sostenuti da solo per il suo mantenimento (Cass. 22.7.14 n. 16657). Ciò premesso si rileva che l'attrice ha provato integralmente di aver provveduto in via esclusiva al mantenimento del figlio dal momento della sua nascita senza alcun sostegno da parte del padre maturale dello stesso che ha permanentemente inadempiuto agli obblighi connessi al proprio status di genitore naturale. L'attrice ha richiesto a tale titolo la corresponsione di una somma pari a circa Euro 90.000,00 (pari alla somma di Euro 250,00 moltiplicata per 367 mesi, desumendo quale criterio di determinazione l'importo stabilito con la sentenza di condanna del Gi. al pagamento di Euro 250,00 mensili a far tempo dal settembre 2012). Ritiene il Tribunale che il calcolo così effettuato non sia corretto, dovendosi infatti considerare, posto che l'attrice chiede il rimborso della somma dalla nascita di Davide avvenuta nel 1982, da un lato che verosimilmente i bisogni del figlio sono andati via via crescendo nel tempo in relazione all'età ed alle esigenze mutevoli per poi cristallizzarsi nella somma di Euro 250,00 nel 2012 e dall'altro il variabile potere d'acquisto della moneta, soprattutto con l'avvento dell'Euro. Alla luce di tali considerazioni ed accedendo ad una valutazione necessariamente equitativa posto che l'equità costituisce criterio di valutazione del pregiudizio non solo in caso di responsabilità extracontrattuale, ma anche con riguardo ad indennizzi o indennità previste dalla legge (Cass.11351/2004), stimasi equo determinare a ristoro del predetto pregiudizio l'importo di Euro 60.000,00. Sotto il profilo patrimoniale la signora Al. chiede altresì il rimborso delle spese mediche sostenute per la cura di Davide e la partecipazione del convenuto a quelle future non coperte dal Servizio Sanitario Nazionale. Quanto alla prima voce si rileva che l'attrice ha dato spontaneamente atto della difficoltà di documentare completamente gli esborsi sostenuti a tale titolo in relazione al lungo periodo temporale intercorso; cionondimeno tali esborsi, inerenti per lo più a spese dentistiche, operazioni effettuate sul bimbo in tenera età presso l'Ospedale Ga. di Genova, spese di alimentazione speciali, trasferte all'estero per effettuare sedute speciali di fisioterapia, appaiono verosimilmente sostenuti tenuto conto delle gravi patologie di cui soffre B.B. e della documentazione presente in atti. Nella determinazione di tale pregiudizio dovrà farsi necessariamente ricorso al criterio equitativo stante l'impossibilità di provare il danno nel suo preciso ammontare (art. 1226 c.c.), danno che può pertanto essere quantificato in complessivi Euro 25.000,00 oltre interessi legali dalla sentenza al saldo. Quanto alla spese mediche future occorre fare riferimento alla esperita ctu medico - legale collegiale, le cui conclusioni vanno integralmente condivise per congruità e logicità di ragionamento, che ha accertato la necessità del giovane di essere sottoposto a trattamenti neuro-riabilitativi, di cui i periti hanno descritto la tipologia, sotto stretta osservazione del fisiatra. Il Collegio peritale ha tuttavia concluso per la possibilità di effettuazione di tali sedute riabilitative attraverso il Servizio Sanitario Nazionale presso idonee strutture milanesi, mentre è rimasta priva di alcun riscontro probatorio l'allegazione di parte attrice circa la limitazione del servizio ad un numero ridotto di sedute (10), ragione per la quale la suddetta pretesa risarcitoria non può essere accolta. Quanto infine alla domanda di risarcimento dei danni non patrimoniali per la privazione del rapporto genitoriale avanzata dalla madre di Davide, quale amministratrice di sostegno del figlio, occorre rilevare quanto segue. Costituisce premessa indispensabile l'ammissione della imprescindibile presenza di entrambe le figure parentali ai fini di una corretta, sana ed equilibrata maturazione del bambino soprattutto nelle prime fasi dello sviluppo umano. Nel caso di specie è risultato che il convenuto, pur avendo provveduto a riconoscere il figlio naturale, lo ha da sempre rifiutato non solo omettendo completamente di contribuire al suo mantenimento (aspetto che è già stato valutato da questo Tribunale in precedenza), ma soprattutto rifiutando di vederlo se non in due sole occasioni all'età di sei e dodici anni e di prendersi cura dello stesso, anche solo supportando la madre sulla quale è gravato in modo assorbente ed esclusivo il compito di educare, curare ed assistere il figlio gravemente disabile, senza con ciò voler riconoscere un obbligo giuridicamente coercibile del padre ad amare un figlio. La violazione degli obblighi di assistenza morale, di educazione e di cura dei figli, ancor più significativa e pregnante nel caso in esame alla luce delle gravi disabilità di cui è affetto il giovane, rappresenta un illecito civile certamente riconducibile nelle previsioni dell'art. 2043 c.c. A tale proposito deve considerarsi, a prescindere dalla astratta riconducibilità della condotta del convenuto al reato di cui all'art. 570 comma primo c.p., che il comportamento paterno ha certamente esposto Da.Gi. ad una situazione di (...) che indubbiamente ha influito negativamente sul suo sviluppo psichico già duramente messo alla prova dall'infermità somatosensoriale connatale, così come accertato dal Collegio peritale. Non vi è dubbio che il ragazzo abbia patito e patisca la sofferenza legata al suo rifiuto da parte della figura paterna. Come ha infatti accertato il collegio peritale, malgrado le forti limitazioni nella comunicazione verbale del ragazzo, affetto da una grave forma di paralisi cerebrale con tetraparesi spastica, sordità bilaterale e disfunzione cardiaca, egli ha una sensibilità emotiva particolarmente sviluppata che gli ha fatto percepire la totale assenza del padre in modo ancor più acuto e pregante rispetto a soggetti privi delle descritte disabilità. Consegue pertanto che può ritenersi sussistente il danno lamentato da deprivazione della figura parentale paterna. La condotta paterna, caratterizzata dal rifiuto di ogni approccio e contatto con il figlio disabile e particolarmente odioso in quanto motivato proprio dalla sua disabilità, così come già accertato dal Tribunale di Lodi, configura un illecito e rappresenta certamente una perdita per il figlio che ha segnato la sua vita incidendo significativamente sulla sua delicata identità personale e che non può essere certamente compensata dalla presenza dell'altro genitore o dei parenti prossimi e nemmeno compensata dal sostegno economico. Essendo la famiglia l'ambiente primario in cui i singoli si costruiscono come adulti e come persone, la descritta situazione soggettiva ha senza dubbio un rango primario e come tale suscettibile di ristoro anche non patrimoniale in caso di lesione, interessando situazioni di rilievo costituzionale. Ne consegue pertanto che all'attrice, quale amministratrice di sostegno del figlio, va riconosciuto senza dubbio il risarcimento del danno patito da quest'ultimo in conseguenza dell'assenza del genitore. Quanto alla liquidazione di tale pregiudizio occorre rilevare come la stessa sfugga a precise quantificazioni monetarie e pertanto debba essere necessariamente liquidata in via equitativa ex art. 1226 c.c. facendo riferimento, secondo l'orientamento assolutamente condivisibile (Corte App. Brescia 1.3.12), alle Tabelle di liquidazione del danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale redatte dall'Osservatorio di Milano per la liquidazione del danno in sede civile. Appare evidente come nel caso di specie non possa farsi riferimento alla forbice di liquidazione massima pari a circa Euro 330.000,00, importo calcolato sull'ipotesi di decesso della figura genitoriale e della conseguente perdita definitiva della figura, ne consegue pertanto che l'importo deve essere adeguatamente rideterminato nella somma di Euro 100.000,00. In conclusione il convenuto va condannato a corrispondere all'attrice, in proprio e quale amministratrice di sostegno del figlio B.B., la somma suddetta oltre interessi legali dalla sentenza al saldo. Le spese di lite e di ctu seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo in favore dell'Erario stante l'ammissione dell'attrice al gratuito patrocinio dello Stato.

P.Q.M.

il Tribunale, definitivamente pronunziando, ogni diversa istanza, difesa, eccezione, deduzione disattesa: Accerta l'inadempimento di Gi.Fr. agli obblighi di mantenimento del figlio naturale riconosciuto B.B. e lo condanna a corrispondere ad A.A. , in proprio, la somma di Euro 85.000,00 oltre accessori come da motivazione; Condanna il convenuto Gi.Fr. a corrispondere ad A.A. , quale amministratrice di sostegno del figlio Da.Gi., la somma di Euro 100.000,00 oltre accessori; Rigetta ogni altra domanda; Pone definitivamente a carico del convenuto le spese di ctu come liquidate in corso di causa; Condanna il convenuto a rifondere le spese di lite liquidate in favore dell'Erario in complessivi Euro 6.205,80 oltre accessori di legge, Iva e Cpa.

Così deciso in Milano il 13 marzo 2017.

Depositata in Cancelleria il 13 marzo 2017.