Nullità ecclesiastica e delibazione

Cass. Civ., Sez. I, 8/10/2018 n. 24729

Per i giudici della prima sezione della Suprema Corte la convivenza triennale dopo il matrimonio, di per sé ostativa alla delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità matrimoniale per ragioni di ordine pubblico, rientra tra le eccezioni in senso stretto e rileva solo su apposita eccezione di parte. Il limite dei tre anni non è previsto dalla legge ma è stato introdotto in via pretoria dalla Cassazione. Ci si può chiedere se tale limite sia logico e coerente, in particolare se si considera il limite di un anno di convivenza, decorrente dalla scoperta dell'errore (e, quindi, possibilmente anche ben oltre i tre anni di convivenza!), per la impugnazione del matrimonio per tale causa ex art. 122, u.c., c.c. La ritenuta rilevabilità ad eccezione di parte mitiga parzialmente gli effetti di un limite che si ritiene caratterizzato da una certa misura di arbitrarietà, e che appare anche in contrasto con il regime delle nullità civili di cui all'art. 117 c.c. e con la libera volontà dei coniugi che abbiano contratto matrimonio con rito concordatario di fare riferimento anche alle norme canoniche regolanti, per l'appunto, la nullità. Il rilievo dato, ai fini delibatori, all'affidamento del coniuge sulla importanza del vincolo appare, infine, in stridente contrasto con la volatilità delle ragioni, soggettive, che sempre secondo la Cassazione giustificano la richiesta di separazione ed il divorzio. Due pesi e due misure, parrebbe, per uno Stato laico che ha fortemente privato l'istituto matrimoniale della forza giuridica e simbolica che una volta lo contraddistingueva, con legalizzazione della violazione della norma di diritto naturale pacta sunt servanda e conseguente sfilacciamento dei rapporti sociali e dei vincoli di solidarietà sui quali gli stessi si fondano.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE - SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. TIRELLI   Francesco - Presidente; -Dott. DE CHIARA Carlo - rel. Consigliere -Dott. TRICOMI   Laura - Consigliere -Dott. LAMORGESE Antonio Pietro - Consigliere -Dott. NAZZICONE Loredana - Consigliere -ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE SUPREMA DICASSAZIONE;- ricorrente -contro P.L., rappresentato e difeso dall'Avv. Aldo Vangi, condomicilio eletto presso il suo studio in Mesagne, Via L. da Vinci n.34;- controricorrente -e nei confronti di: V.M.L.;- intimata -avverso la sentenza della Corte d'appello di Lecce n. 298/2017depositata il 23 marzo 2017.Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 21 dicembre 2017dal Consigliere Dott. Carlo De Chiara;udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratoregenerale Francesca Ceroni, che ha concluso per la rimessione degliatti alle Sezione Unite e, in subordine, per l'accoglimento delricorso.                 

Fatto


FATTI DI CAUSA

1. La Corte d'appello di Lecce, su domanda del sig. P.L. e nella contumacia della convenuta sig.ra V.M.L., ha dichiarato, con il parere favorevole del PM, efficace nella Repubblica italiana la sentenza del Tribunale ecclesiastico regionale pugliese di Bari dell'8 dicembre 2015, con la quale era stata dichiarata la nullità del matrimonio concordatario delle parti, celebrato il 21 luglio 1983, per grave discrezione di giudizio circa i diritti e doveri matrimoniali e per incapacità di assumere gli obblighi essenziali del matrimonio, per cause di natura psichica, da parte del marito, che aveva promosso il giudizio di nullità.

La Corte ha negato l'esistenza di ostacoli alla dichiarazione di efficacia derivante da principi di ordine pubblico, in particolare quello della tutela dell'affidamento incolpevole dell'altro coniuge, non invocato dalla parte interessata.

2. Il Procuratore generale presso questa Corte ha proposto ricorso per cassazione con tre motivi.

Si è difeso, con controricorso e memoria, l'intimato sig. P..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Va preliminarmente affermata l'ammissibilità del ricorso del Procuratore generale presso questa Corte ai sensi dell'art. 72 c.p.c., commi 3 e 5, per le ragioni indicate, da ultima, da Cass. 2486/2017.

2. Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione degli artt. 7,29 e 30 Cost., dell'art. 8 CEDU, dell'art. 7 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea (c.d. Carta di Nizza), dell'art. 797 c.p.c., della L. 4 maggio 1983, n. 184, art. 6 e della L. 25 marzo 1985, n. 121, artt. 8 e ss.. Si richiamano i precedenti delle Sezioni Unite di questa Corte nn. 16379 e 16380 del 2014, secondo cui alla favorevole delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio osta, quale limite di ordine pubblico interno, la convivenza delle parti come coniugi protrattasi per almeno un triennio e si fa presente che dagli atti risulta appunto che i coniugi P. - V. avevano convissuto per circa 27 anni e avevano avuto due figli.

3. Con il secondo motivo, denunciando violazione degli artt. 2,29 e 30 Cost., degli artt. 167 e 797 cod. proc. civ. e della L. 25 marzo 1985, n. 121, art. 8, si critica tuttavia la statuizione, contenuta nelle suddette sentenze delle Sezioni Unite, secondo cui tale limite di ordine pubblico non sarebbe rilevabile d'ufficio dal giudice, ma esclusivamente su eccezione di parte (eccezione in senso stretto), ravvisando in tale affermazione un contrasto, riguardante la "categoria processuale dell'eccezione in senso stretto con riferimento specifico alla compatibilità con la nozione di ordine pubblico", rispetto alla precedente giurisprudenza di legittimità, che si conforma invece alla regola della rilevabilità d'ufficio delle eccezioni, salvi i casi espressamente previsti dalla legge o nei quali l'iniziativa di parte è strutturalmente prevista quale elemento integrativo della fattispecie difensiva (come nel caso di eccezioni corrispondenti alla titolarità di un'azione costitutiva); contrasto per la risoluzione del quale si chiede quindi rimettersi nuovamente gli atti alle Sezioni Unite.

4. Con il terzo motivo, denunciando violazione degli artt. 6-8 CEDU e degli artt. 291 e 292 cod. proc. civ., si sostiene che la qualificazione del limite di ordine pubblico in questione quale oggetto di eccezione in senso stretto, configura una lesione del diritto al giusto processo del coniuge contumace e si chiede, pertanto, rimettersi gli atti alle Sezioni Unite di questa Corte anche su tale questione, quale questione di massima di particolare importanza, nonchè investirsi la Corte di giustizia dell'Unione Europea di un rinvio pregiudiziale, ai sensi dell'art. 267 TFUE, sull'interpretazione del Regolamento n. 2201/2003, artt. 22 ("La decisione di divorzio, separazione personale o annullamento del matrimonio non è riconosciuta... quando è resa in contumacia, ovvero la domanda giudiziale o un atto equivalente non è stato notificato o comunicato al convenuto contumace in tempo utile e in modo tale da poter presentare le proprie difese, salvo che sia stato accertato che il convenuto ha accettato inequivocabilmente la decisione") e 46 ("Gli atti pubblici formati e aventi efficacia esecutiva in uno Stato membro nonchè gli accordi tra le parti aventi efficacia esecutiva nello Stato membro di origine sono riconosciuti ed eseguiti alle stesse condizioni previste per le decisioni").

5. I motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, attesa la loro connessione, e vanno respinti per le seguenti ragioni.

5.1. Premesso che il Collegio ritiene di conformarsi, condividendone il contenuto, ai richiamati precedenti delle Sezioni Unite nn. 16379 e 16380 del 2014, anche quanto alla non rilevabilità di ufficio del limite di ordine pubblico alla dichiarazione di efficacia della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio concordatario costituito dalla convivenza triennale delle parti come coniugi, va osservato che il Collegio neppure ritiene di dover rimettere gli atti alle Sezioni Unite affinchè risolvano il contrasto giurisprudenziale denunciato con il ricorso.

Le Sezioni Unite, infatti, nelle più volte richiamate sentenze "gemelle", si sono date carico del consolidato orientamento giurisprudenziale restrittivo in tema di eccezioni in senso stretto, richiamato nel ricorso della Procura generale, concludendo tuttavia motivatamente che l'eccezione relativa alla convivenza triennale come coniugi, ostativa alla positiva delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio, rientra appunto tra quelle che l'ordinamento riserva alla disponibilità della parte interessata; e ciò argomentando sia dalla "complessità fattuale" delle circostanze sulle quali essa si fonda e dalla connessione molto stretta di tale complessità con l'esercizio di diritti, con l'adempimento di doveri e con l'assunzione di responsabilità personalissimi di ciascuno dei coniugi, sia dalla espressa previsione della necessità dell'eccezione di parte nell'analoga fattispecie dell'impedimento al divorzio costituito dall'interruzione della separazione, ai sensi della L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 3.

5.2. Non si ravvisano inoltre ragioni per ritenere che la rilevabilità solo ad eccezione di parte del limite di ordine pubblico in discussione contrasti con il diritto al giusto processo della parte rimasta contumace, considerato il carattere volontario della contumacia stessa, dichiarabile solo in presenza della prova della rituale notifica della domanda giudiziale.

Nè, infine, ricorrono i presupposti per il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell'Unione Europea, ai sensi dell'art. 267 TFUE, sulla interpretazione delle norme del regolamento CE n. 2201/2003 richiamate nel ricorso, per l'assorbente ragione che tale regolamento è "relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale" adottate in un diverso Stato membro dell'Unione Europea, non delle decisioni dei tribunali ecclesiastici.

6. Il ricorso va in conclusione respinto.

Non vi è luogo a provvedere sulle spese processuali attesa la natura della parte ricorrente.

Poichè dagli atti il processo risulta esente dal contributo unificato, non trova applicazione il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 21 dicembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2018